Livio Caputo su L'Eco di Bergamo del primo settembre riporta le 10 ragioni contro l'intervento militare degli Stati Uniti o di qualche potenza occidentale contro il regime siriano. Sono ragioni forti ma ce n'è una ancora più forte, l'undicesima ragione: l'Islam moderato sta subendo in tutto il mondo la pressione del radicalismo jihadista, che ha dichiarato guerra all'occidente. Per questo l'occidente non puo' provocare con le sue azioni vuoti di potere regionali, che sarebbero prontamente colmati dai qaedisti, come la storia del medio oriente insegna. Elezioni, democrazia son belle parole, ma senza Costituzioni nazionali che vietino l'introduzione della sharia son parole vuote, che apron la porta a dittature teocratiche, per giunta votate alla jihad contro il satana occidentale. Anche Hitler venne eletto democraticamente...
Spiace dirlo, ma Bin Laden ha qui la sua vittoria postuma, costringendo l'occidente a scelte molto amare per contrastare il folle disegno qaedista del califfato islamico mondiale.
Ma ecco le dieci ragioni di Caputo:
" 1 La legalità di un'azione militare è discutibile. Non c'è nessuna probabilità che il Consiglio di Sicurezza dell'Onu, dove Cina e Russia hanno diritto di veto, la approvi e neppure la Lega Araba ha dato luce verde. Anche presentare l'attacco come un intervento umanitario, a tutela della popolazione civile, non ha molta credibilità, perché per due anni e mezzo nessuno si è mosso neppure in presenza di centomila morti. Che differenza c'è, è legittimo chiedersi, se le vittime sono uccise a cannonate o con il gas nervino?
2 Gli esperti dell'Onu non hanno ancora concluso la loro indagine e le uniche prove certe che il gas è stato usato da Assad e non dai ribelli per provocare l'intervento americano (come sostiene il regime) sono alcune intercettazioni di comunicazioni tra i comandi militari siriani.
3 Non si capisce quali risultati pratici possa ottenere una offensiva di due-tre giorni, con missili Tomahawk ed eventuali incursioni aeree. Si potranno distruggere centri di comando, basi aeree e palazzi governativi, ma non i depositi di gas nervino, perché si rischierebbe di produrre un'autentica catastrofe.
4 Per quanto mirati, i bombardamenti farebbero sicuramente vittime anche nella popolazione civile, infliggendo un altro colpo al già difficile rapporto degli Usa con il mondo arabo e fornendo ad Assad una formidabile arma propagandistica.
5 Se anche l'attacco dovesse accelerare la caduta del regime, il risultato sarebbe, probabilmente, l'avvento al potere a Damasco di estremisti islamici ferocemente ostili all'Occidente; la guerra civile comunque non finirebbe, perché le minoranze schierate con Assad dovranno battersi per la sopravvivenza.
6 L'attacco americano, anche se essenzialmente dimostrativo, potrebbe innescare un conflitto generale in Medio Oriente. L'Iran ha già minacciato ritorsioni contro Israele, che non esiterebbe a replicare, e se l'Hezbollah intervenisse a sua volta, il Libano rischierebbe un ritorno alla guerra civile.
7 Sebbene abbia mosso a sua volta la propria flotta verso il Mediterraneo orientale, la Russia, grande protettrice di Assad, non prenderebbe iniziative militari; ma i rapporti tra Mosca e Washington, già pessimi, peggiorerebbero ulteriormente.
8 Il ricorso, sia pure limitato, alle armi da parte americana eliminerebbe ogni possibilità di una soluzione diplomatica, quale è auspicata dalla maggioranza dei Paesi e dallo stesso Ban Ki Moon. La auspicata conferenza di Ginevra sarebbe quasi sicuramente cancellata.
9 Le opinioni pubbliche occidentali, compresa quella americana, sono massicciamente contrarie all'apertura di un nuovo fronte mediorientale dopo la traumatica esperienza dell'Iraq, anche per ragioni economiche.
10 La situazione siriana è talmente complessa, che qualsiasi intervento esterno potrebbe solo aggravarla ulteriormente: come ha scritto - con un certo cinismo - Edward Luttwak, è meglio lasciare che i siriani se la sbrighino da soli, a costo di continuare a combattersi, perché all'Occidente non conviene né una caduta di Assad né una vittoria dei jihadisti che rappresentano il nucleo forte dell'opposizione".