lunedì 14 gennaio 2013

#elezioni: ecco l' #antipolitikon

Parlamento italiano in seduta a camere riunite
Photo: Wikipedia
C'è una sola cosa che preoccupa e spinge alla creazione di nuovi programmi o al cambiamento di quelli preesistenti: l'esito delle future elezioni. Appena nella mente di questi veri e propri giullari del mondo politico s'insinua il dubbio che il beneamato popolo possa mutare opinione e sfuggire dalle stanghe del carro di partito, loro non fanno altro che riverniciare il timone. 

Vengono chiamati allora quelli che potremmo considerare «astrologi di partito» detti anche «esperti» o «competenti»; sono in maggioranza vecchi parlamentari rotti a tutte le esperienze politiche, essi cominciano così a ricordare casi simili, in cui il popolo, stufo, perse definitivamente la pazienza, e suggerendo vecchie soluzioni, formano «commissioni», tengono d'occhio le reazioni del popolo leggono i giornali e fiutano l'umore della nazione per sapere cosa voglia mai quest'ultima e di cosa abbia paura. Vengono analizzati minuziosamente tutti i ceti sociali e raggruppamenti professionali; di cui vengono studiati anche i desideri più riposti.

Queste commissioni si riuniscono e rivedono i programmi creandone di nuovi, e, ciò facendo, detti uomini mutano le proprie convinzioni politiche con la naturalezza di un soldato che cambi la propria camicia pullulante di pidocchi. In questi nuovi programmi ciascuno ha la sua parte. Il contadino si vede offerta la protezione dell'agricoltura, l'industriale quella dei propri prodotti, viene altresì assícurata al consumatore la difesa degli acquisti e gli insegnanti fruiscono di aumenti di stipendio, mentre i funzionari vedranno aumentare le proprie pensioni. Lo stato penserà ai bisogni degli orfani e delle vedove, saranno ribassate le tariffe sui trasporti e favoriti i commerci, e per finire le tasse, se non abolite, saranno almeno ridotte. Capita spesso che un certo strato sociale venga dimenticato o che non si soddisfi una generale esigenza del popolo: allora viene inserito a forza nei programmi tutto quanto possa ancora trovarvi posto, nella speranza così di soddisfare in qualche modo quell'esercito di piccolo-borghesi e mogli rispettive.


Così agguerriti, fidando nel buon Dio e nella inattaccabile idiozia dell'elettorato si dà inizio alla lotta per la «riforma» (così viene chiamata) dello Stato. Trascorso il giorno delle elezioni e terminato l'ultimo comizio dei parlamentari del quinquennio, allo scopo di passare dall'addormentamento delle masse ai loro più elevati ed allegri compiti, queste

commissioni si sciolgono, e la battaglia per le nuove condizioni assomiglia alla lotta per la conquista del pane quotidiano, che i deputati chiamano «indennità parlamentare».

Tutte le mattine, il rappresentante del popolo arriva sino alla sede del Parlamento; se non entra, riesce ad arrivare perlomeno in anticamera dove viene affisso l'elenco dei parlamentari presenti: è su questo elenco che il nostro, servendo la Nazione, scrive il proprio nome, ed è per questa fatica enorme, giornaliera, che incassa un profumato indennizzo. Passati quattro anni, o avvicinandosi sempre più lo scioglimento della Camera, detti signori vengono sollecitati da un impulso irrefrenabile: al pari della larva che è destinata a trasformarsi in farfalla, codesti vermi di parlamento abbandonano così il rifugio comune e volano fuori, dal popolo.


Ricominciano nuovamente a parlare agli elettori narrando loro come siano ostinati gli altri, e di come essi abbiano invece duramente lavorato; succede invece che il popolo, questa massa d'ingrati, anziché applausi lanci sul loro viso insulti e urla piene di odio. In genere se l'ingratitudine popolare tocca livelli molto alti, occorre rimediare con l'unico toccasana possibile: migliorare ancora i programmi. Perciò la commissione si rinnova e risorge, dando di nuovo vita all'eterno inganno. Conoscendo bene la testarda idiozia dell'umanità intera non dobbiamo poi stupirci dei risultati. E' così che il gregge del proletariato e della borghesia rientra nella stalla, tenuto per mano dal nuovo, invitante programma e dalla stanga, pronto a rieleggere coloro che lo hanno ingannato.


Con questo, l'uomo delegato dal popolo a rappresentarlo si ritrasforma nelle vesti del verme di parlamento, e riprende nuovamente a nutrirsi con le fronde dell'albero statale, per iniziare nuovamente il ciclo quattro anni dopo, mutarsi cioè di nuovo in farfalla.


Non esiste, credo, niente di più pietoso, che l'osservazione di questo fenomeno, dover cioè assistere, impotenti, all'eterno rinnovarsi di questo imbroglio. 


[sembra postato ieri su uno dei tanti blog di indignados e rivoluzionari da tastiera...ma chi l'ha scritto? vietato fare copiaincolla e cercare su gogol :)]


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