mercoledì 23 gennaio 2013

√ dell'influenza della #tv su #politica ed #elezioni

Il totem della Videocrazia - Photo: Ebay
In margine alla presentazione del bel libro di Andrea Riscassi (docente universitario e giornalista Rai) ANTICORPI ALLA VIDEOCRAZIA, ho fatto una domanda ingenua all'autore e a Gianluigi Paragone (giornalista e conduttore Rai) e Paolo Martini (autore e critico tv) che animavano il dibattito allo Spazio Melampo di Milano.

Stalin chiedeva provocatoriamente "Quante divisioni ha il Papa?", oggi vi chiedo, ingenuamente, "Quanti voti sposta la tv?" 

Dopo un attimo di silenzio gli esperti di televisione hanno dato tre risposte che giudico complementari ed illuminanti.

Riscassi ha descritto la capacità di stare in video come condizione necessaria (seppur non sufficiente) per fare politica oggi, citando a mo' di controesempio terribili gaffes televisive che hanno affossato per sempre la carriera di qualche plitico anticatodico. Esempio principe la Moratti col suo j'accuse televisivo a Pisapia, poi rivelatosi totalmente infondato, che le ha dato il colpo di grazia. Se sei un politico in tv ci devi saper stare, in quanto da un lato la televisione è la nuova agorà, dall'altro la politica stessa ha mutuato il linguaggio e i tempi televisivi.

Paragone ha ridimensionato l'influenza politica della tv, che gonfia la notorietà all'istante ma poi si rivela un boomerang, allorquando l'elettore realizza che il politico parla e si presenta bene, ma quelle promesse non mantenute...e quel che ha combinato in passato...ed ecco che la curva da ascensionale si plafona per poi cominciare a scendere (e dato che gran parte degli elettori decidono chi votare all'ultimo momento, infiammare gli animi all'inizio della campagna elettorale rischia di non essere risolutivo). Video come boomerang? Lo stesso Berlusconi grazie al presenzialismo televisivo sta scongelando il suo elettorato storico, forse più che guadagnare nuovi consensi.

Martini invece si è dimostrato il più convinto sostenitore dell'equazione politica = televisione: Berlusconi homo televivus per antonomasia, Grillo che più fugge le tv più la tv lo insegue (mossa da vera primadonna), lo stesso PD figlio dell'operazione di svecchiamento postcomunista partorito dal think-tank televisivo della Rai3 di Guglielmi (per non parlare di Crozza e della sua operazione-simpatia sul vecchio Pierluigi)...insomma video e politica convertuntur, punto e stop.

La mia opinione ingenua? Han ragione entrambi ambetre: senza tv la politica non esiste, tuttavia la politica non si limita al medium televisivo, dal quale pure ha mutuato tutto, parole, presenza scenica, ritmi, sincope del contraddittorio sloganistico. La tv ha infatti in grembo l'anti-tv del popolo che alla fine vuole fatti-non-parole, e oggi si riversa sui social networks riempiendo di frizzi lazzi e contumelie il politicante televisionato, come una volta lanciava commenti salaci al bar davanti al tubo catodico acceso. Guardando la tv fingiamo di lasciarci ipnotizzare, insomma, ma poi presentiamo il conto ai signori politici: oggi si dice fact checking, e vale sia per le cose dette che per le promesse fatte. 

Il politico che resta perimetrato nei format del piccolo schermo non va molto lontano, come ci insegna il wonder-tv-boy Matteo Renzi: doveva fare chissà che ed è finito stratrombato dal vecchio e obsoleto Bersani, uno che in tv non ci sa stare manco tanto bene.

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