lunedì 17 marzo 2014

Fabbrichetta Italia, perche' abbiamo sbagliato tutto

Illuminante articolo, consigliato soprattutto a quelli che prima non hanno capito il modello industriale vincente e ora danno la colpa all'Europa all'euro e alla Merkel.

Giovani non andate all’estero
E' una resa

Alberto Krali, L'Eco di Bergamo 17/03/14

L’attore Massimo Giannini consiglia ai suoi studenti di Cinecittà: se avete idee andate all’estero. No, sbagliato: se avete testa, restate. Andare via è sempre una sconfitta. Certo che è dura per i giovani con prospettive di lavoro quasi nulle. Ma il campo di battaglia è qui. Perché portare truppe giovani alla Signora Merkel? La Germania attrae gente di valore e impoverisce gli altri Paesi dell’euro. Cosa si fa, si sta al gioco o si reagisce? Ecco un’alzata di scudi di cui ha bisogno l’Italia. Dicono i nazionalisti dell’ultima ora: per la dignità nazionale, non per la sopravvivenza.

C’è una frase che da sola riassume il momento: rimboccarsi le maniche. Facile dire: la colpa è degli altri. E noi? Cerchiamo di rimediare agli errori fatti in vent’anni e poi potremo dire all’Europa: adesso la linea la dettiamo noi. Quali errori? Per esempio la convinzione che l’azienda, la fabbrichetta, è uno strumento per far soldi. É andata avanti così per anni quando erano le banche a rincorrere i clienti per concedere loro i crediti. Così i figli di contadini che avevano messo su un’officina, un laboratorio artigiano, di colpo si sono trovati a godere di quello che per secoli i loro avi avevano sognato: soldi in tasca. E hanno pensato bene di prendersi le soddisfazioni negate ai loro padri, ai loro nonni e bisavoli: fare il signore. Il Suv per la moglie, la vacanze negli alberghi alla moda, cafona o meno non conta, ma cara, tutte le ostentazioni che la provincia richiede per chi il benessere non lo conosce e fa fatica a venirne a capo. Insomma ce n’era per tutti tranne che per l’azienda. Investimenti ai minimi termini, convinti che bastasse lavorare e su questo non si scherza. Tutta la famiglia è mobilitata e non ci sono orari. La flessibilità è garantita, c’è una commessa urgente: si lavora la domenica, anche di notte.

Ecco il grande equivoco. Si è operato in tempi altamente tecnologici come se si fosse nei campi nel secolo scorso: primo, aver voglia di lavorare. E quando la scuola avrebbe dovuto mettere una pezza all’ignoranza diffusa, è successo proprio il contrario. Sono i genitori che impongono la nuova visione dl mondo, quella dove ai discenti tutto è dovuto e il sacrificio sono tenuti a farlo i professori. Insomma si rompe il fronte educativo unitario fra scuola e famiglia. Le basi etiche non vengono condivise, e scuola e famiglia non si capiscono. Morale: la scuola viene meno al suo dovere formativo e sforna una generazione alla quale non è stato insegnato che il bene pubblico è l’ancora di salvataggio di una comunità e che quindi gli interessi privati devono essere misurati sulla bussola dell’interesse collettivo.

L’evasione fiscale è figlia anche di questa ignoranza. Adesso non pagare le tasse è questione di sopravvivenza, ma il riflesso condizionato é sempre quello di Verga, scrittore siciliano dell’Ottocento: teniamoci la roba. Vanno oltre confine, prima era la Romania per i bassi salari, adesso è la Svizzera per le basse tasse. É la disperazione che li spinge, e poi la speranza di venirne fuori con la sola riduzione dei costi della manodopera e delle tasse. Ma non basta, ci vogliono cervelli, gente appunto che abbia idee.

Non si vende più quantità, quella la fanno i cinesi, ma qualità, cioè miglioramenti continui dei prodotti e innovazione. Ci vogliono soldi e idee. Le banche hanno chiuso gli sportelli del credito e i cervelli vanno via. Oggi con Renzi dalla Signora Merkel ci sarà l’Italia intera, anche quella che non vota per il partito del presidente del Consiglio. Il Paese è unito nel bisogno, deve esserlo anche nel dovere di venirne fuori da solo.

Nessun commento:

Posta un commento