lunedì 18 marzo 2013

della logica e fenomenologia del #demagogo

il demagogo in Italia tira un casino, si sa. ma non da ora, bensì dai tempi degli antichi romani con i loro dittatori,  tribuni della plebe e imperatori prodighi di panem et circenses.

il demagogo è un leader carismatico, ma un carismatico che conta palle in continuazione. il problema è che la prima vittima delle illusioni del demagogo è lui stesso. a furia di raccontare un'inverosimile PlayStation lo scenario diventa allettante e il demagogo vi precipita dentro, non riuscendo più a stabilire un contatto con il mondo reale. anzi coloro che cercano di riportare il demagogo ed i suoi accoliti alla durezza della realtà vengono percepiti come una minaccia e messi a tacere.

ma quali sono i caratteri definitori del demagogo?

anzitutto la politica dell'annuncio: il demagogo si spertica in una serie infinita di annunci
(o come si direbbe oggi narrazioni) allettanti proprio perchè svincolati dalla realtà. con queste facili parole d'ordine e promesse suggestive trascina le masse in un sogno collettivo.

fin qui andrebbe tutto bene se il demagogo fosse minimamente in grado di mantenere le promesse, cosa che ovviamente non è. si pone quindi il problema di come reagire al fallimento della narrazione favolistica, che puntualmente si verifica. la prima reazione è la ricerca del capro espiatorio: il capo ha sempre ragione, non può essere lui ad avere sbagliato. quindi se le cose non sono andate per il verso giusto si è trattato di un complotto, una congiura o comunque di responsablità estranee al leader.

lo stesso capo che aveva trascinato con la sua leadership il popolo dietro di sé facendosi dare carta bianca, ora imputa al popolo o ai corpi intermedi dei suoi pretoriani il fallimento del suo  sogno irrealizzabile. lo stesso leader maximo che aveva minacciato di cacciare a calci nel sedere i suoi ciambellani, ora dà  loro la colpa del suo fallimento. lo stesso accentratore che si è circondato di nani che non gli facessero ombra, ora si lamenta: "sono solo".

da un punto di vista logico siamo di fronte a un dilemma cornuto: o il leader non era così capo come voleva farci credere, oppure era sì capo ma non ha cavato un ragno dal buco, e ora cerca una facile via di fuga attraverso il comodo capro espiatorio dei suoi famigli.

un altro criterio definitorio del demagogo è quello che potremo chiamare alla napoletana "chiagne e fotte". per il Nostro si tratta di fare ciò che gli pare, per poi piagnucolare in modo vittimistico di fronte al benché minimo appunto. insomma chi critica il re è contro il re, questa è un'altra regola cardine della demagogia. il demagogo si dice quindi perennemente e profondamente e personalmente offeso dalle critiche che riceve dai suoi oppositori e persino dai suoi amici o alleati, che egli teme sopra ogni altra cosa se muniti di spirito critico. offeso sì, ma non perde occasione per offendere schernire e denigrare i suoi avversari. in questo modo con grande abilità il demagogo trasforma ogni critica in un'occasione per chiamare a raccolta  a sua difesa  il branco, che sbrani i critici dell'intoccabile sovrano.

dove crolla il demagogo? questo è l'ultimo carattere definitorio. il demagogo crolla quando è costretto a passare dal piano della fantasia affabulatoria al piano della dura realtà. allora si vede che i conti non tornano e i numeri cantano sì, ma a suo sfavore. seppur in extremis il mondo aprirà gli occhi e si libererà del leader maximo.

ma ora la notizia cattiva è che cacciato il demagogo, ben presto il mondo avrà bisogno di un altro pifferaio magico da seguire: perchè anche in questo caso la storia è ciclica e si ripete in una teoria infinita di corsi e ricorsi. la prima volta in tragedia, la seconda in farsa.

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