LE INCHIESTE GIUDIZIARIE,
LA RIPRESA CHE RESTA UNA CHIMERA,LE LACERAZIONI DELLA SINISTRA: TUTTA ACQUA AL MULINO DI GRILLO
Speriamo di sbagliare, ma coltiviamo il timore – e non da oggi – che le elezioni europee siano uno tsunami. Avendo avuto il sopravvento il populismo, e pure di grana grossa, era inevitabile che con il passare dei giorni a godere del vantaggio di un clima di tensione emotiva fossero coloro che più e meglio fanno leva sull’indignazione degli italiani. Grillo in testa, ovviamente, ma anche la Lega che tenta di rigenerarsi sposando la linea anti-euro. Ma se questa era la tendenza già in atto, ora, però, anche i fatti vanno in soccorso del populismo radicale, regalandogli occasioni di acquisizione di consenso insperate.
Ci riferiamo alla nuova ondata di arresti che, come goccia che fa traboccare il vaso, rappresenta in sé, senza neppure indurre ad entrare nel merito di ciascuna inchiesta e dei loro reali fondamenti, appare agli occhi dei cittadini a dir poco devastante. Ma ci riferiamo anche alle notizie, per quanto passate in secondo piano, che certificano che – come ha scritto TerzaRepubblica in tempi non sospetti, anche a costo di beccarsi l’accusa di menar gramo – la ripresa non c’è e che non si vedono i presupposti perché, almeno per quest’anno, ci sia. Come pure ci riferiamo alle sempiterne contorsioni della sinistra che, in tempi di crisi della destra e scarsa rilevanza del centro, rappresentano un ulteriore vantaggio offerto alla marea montante dell’antipolitica.
Vediamo i tre regali a Grillo con maggiore dettaglio. Partendo dalla “nuova Tangentopoli”, l’ennesima. Il paragone regge fino a un certo punto, anche perché quella di oltre vent’anni fa era un’ondata di fango che sommergeva i partiti, qui invece si tratta di vicende legate alle persone. Ma soprattutto, ciò che rende diverso l’oggi è la magistratura. Non perché siano cambiati i metodi – anzi – ma perché nel 1992 una procura, quella di Milano, prese la leadership del mondo togato dando l’impressione all’opinione pubblica di essere un contro-potere organizzato, mentre ora è proprio quella stessa procura a simboleggiare – caso Robledo, ma non solo – le spinte centrifughe che attraversano la magistratura, in una sorta di “tutti contro tutti” lacerante. Tuttavia, proprio questa confusione accresce gli effetti deflagranti delle inchieste in corso, rendendole potenzialmente capaci di assestare un colpo mortale ad una classe politica acerba e ancora in cerca di legittimazione. A tutto vantaggio di chi – Grillo – è nella condizione naturale di cavalcare l’ennesima ondata di indignazione. Anzi, Grillo non dovrà nemmeno scomodarsi troppo, perché i frutti cadranno direttamente nel suo prato. E a tutto svantaggio di chi – Renzi – dovrà scegliere se alzare il tono contro la “vecchia politica”, finendo per pagarne le conseguenze in parlamento (ricordiamoci che le europee non ne modificheranno gli assetti), oppure se pagare il fio elettorale per evitare di alzare troppo i toni della polemica politica.
Il fatto è che questo stesso schema – Grillo che sale, Renzi che scende – rischia di ripetersi per effetto delle notizie che arrivano dal fronte economico. Il calo della produzione industriale di marzo, che porta ad un miserabile +0,1% il risultato del trimestre, smentisce infatti tutte le previsioni, anche le più prudenti, andando a consolidare l’idea che, contrariamente a quanto detto dal governo, la ripresa è di là da venire. La qual cosa diventa un assist per Grillo e un boomerang per Renzi non tanto e non solo perché con questi dati non c’è che da attendersi un rialzo del pil modesto per il 2014 – non è un caso che l’Ocse abbia appena licenziato la previsione di una crescita di mezzo punto contro il +0,8% del governo (lo scarto è di oltre un terzo) – quanto perché non sarà difficile propinare all’opinione pubblica l’equazione “Renzi è uguale agli altri, promette ma non mantiene”.
Enrico Cisnetto
Terza Repubblica
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