mercoledì 13 giugno 2012

√ Della guerra


Carl von Clausewitz (1780 – 1831)
von clausewitz, grande generale e stratega militare prussiano, afferma nel suo trattato "della guerra" che "la guerra è la prosecuzione della politica con mezzi diversi". in realtà la massima va letta allo specchio: la politica è la prosecuzione della guerra con mezzi diversi.

in guerra, il soldato non deve pensare, o peggio ancora parlare, discutere e interloquire. deve solo obbedire agli ordini. i blocchi territoriali e geopolitici che si vanno a formare nell'imminenza del conflitto servono proprio ad isolare, emarginare e mobbizzare i liberi pensatori. qualsiasi elaborazione politica personale va bandita, il singolo scompare dentro la collettività. le masse si muovono come un organismo di livello superiore, con le membra e gli organi composti da gruppi organizzati di persone. 

in guerra si applica una logica elementare, con un regresso animale, imperniata su 3 coppie binarie: mio/tuo, amico/nemico, attacco/difesa. ogni altra categoria dialettica è vista con sospetto. o con noi o contro di noi. 

qualsiasi introspezione, ragionamento, analisi, comporta necessariamente dubbi, opzioni alternative, consapevolezza dell'aleatorietà dell'azione umana. ma in guerra non possono esserci dubbi. ne va della tenuta della macchina bellica, ma sopratutto della compattezza del corpo collettivo chiamato ad esprimersi nella lotta. in guerra i nemici non sono visti come esseri umani, ma come demoni, mostri, alieni, razza diversa e aberrante da annientare. in guerra dio è con noi, chi sta contro di noi non merita nessuna considerazione. il nemico viene deriso, sbeffeggiato, provocato, ucciso prima simbolicamente e poi fisicamente.  

forse è vero che la guerra, come dice marinetti, sia "sola igiene del mondo". certo è che in questo processo di purificazione attravarerso il sangue, reale o simbolico, l'uomo mette tra parentesi la sua differenza dal mondo animale, la cultura, la morale, la religione, tutti aspetti che vengono anzi asserviti alla propaganda bellica, snaturandosi profondamente e svuotandosi dall'interno. 

la guerra si conclude con un vincitore e un vinto. "vae victis" dicevano i romani, guai ai vinti. ma guai ai vincitori, se non capiranno che gli sconfitti, terminato il conflitto, ritornano ad apparire come esseri umani di cui, paradossalmente, i vincitori hanno la responsabilità. l'unico modo per riportare unità e coesione sociale dopo una guerra è annullare le differenze tra vincitori e vinti. mettere fine all'occupazione militare del territorio soccombente e ricostituire l'unità della nazione, o dell'organismo sovranazionale derivante dall'esito del conflitto, in una sintesi superiore, superando la frattura dialettica. per questo lincoln dopo la guerra civile americana, togliatti dopo la guerra di liberazione in italia, proclamano l'amnistia verso tutti i crimini di guerra. per questo un grande testo della cultura tradizionale cinese, "l'arte della guerra" di sun tzu, predica al vincitore di "catturare intero e intatto il nemico", portandolo dalla sua parte.

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