Adolf Hitler 1889 - 1945 |
"1. L'ascesa al potere del nazionalsocialismo.
(...) Il 30 gennaio 1933 il partito aveva preso una tale forza, che il Reichspräsident Paul von Hindeburg nominò Adolf Hitler Reichskanzler. Già il 1° febbraio il Reichstag venne disciolto. L'incendio dell'edificio del Reichstag, il 27 febbraio, offrì poi il pretesto per emanare il cd. “decreto occasionato dall’incendio del Reichstag” (Reichstagsbrandverordnung), seguito dalla legge dei pieni poteri (Ermächtigungsgesetz, del 24 marzo 1933): con essi veniva sospesa la costituzione di Weimar, facendo uso dell'articolo 48 che consentiva la legislazione speciale.
Iniziava così una ristrutturazione dello Stato, caratterizzata dalla compenetrazione fra apparato statale e partito nazionalsocialista, secondo una rigida struttura piramidale in cui il po tere scende dall'alto verso il basso (Führerprinzip). Questa concezione dello Stato rifiutava la funzione regolatrice del diritto, come del resto aveva illustrato lo stesso
Hitler in Mein Kampf, nel capitolo dedicato allo Stato. Il Reichstag continuò ad esistere sino alla catastrofe finale della Germania: tuttavia il parlamento, di uno Stato retto da un partito unico, aveva la solo funzione di approvare plebiscitariamente ogni decisione del Führer. Così avvenne infatti; e il numero di leggi approvate dal Reichstag andò diminuendo, sostituito dagli atti amministrativi e normativi degli organi di governo.
2. L'abolizione dei diritti fondamentali.
Dal punto di vista formale, la Reichstagsbrandverordnung continua la legislazione d'emergenza che era andata crescendo nella repubblica di Weimar, mentre l'Ermächtigungsgesetz è formalmente una legge emanata dal Reichstag. Quello che in esse è anomalo è il contenuto, che, con la Verordnung, sospende le garanzie costituzionali e, con l'Ermächtigungsgesetz, trasferisce al governo il potere legislativo.
Con ciò la costituzione di Weimar non è abrogata, ma è sospesa.
Il governo nazionalsocialista non sentiva il bisogno di emanare una nuova costituzione, così come non sentiva, in generale, la necessità di fondare su nuove leggi le sue azioni. Il diritto era sentito come un vincolo inutile per la volontà del Führer e la legislazione era quindi ridotta al minimo ritenuto indispensabile.
Per il breve periodo nazionalsocialista – dodici anni – non esiste quindi una
costituzione da analizzare, poiché continuava a essere in vigore, ma inapplicata, la costituzione di Weimar. Ernst Rudolf Huber – uno dei giuspubblicisti più in vista della Germania, anche dopo la fine della guerra – scriveva nel 1940: “La costituzione nazionalsocialista è nel suo nucleo istituzionale un codice non scritto di idee politiche guida (…). La forza della rivoluzione nazionalsocialista (….) si manifestò nella sua capacità di togliere efficacia alla costituzione di Weimar tramite semplice inosservanza e
fondazione di un nuovo ordine politico, non essendo più necessaria un’abrogazione esplicita. Non meno superficiale fu tuttavia l’opinione sostenuta in vario modo all’estero secondo cui il nazionalsocialismo, superando il modello liberaldemocratico della carta costituzionale, avrebbe rinunziato a ogni “costituzione” e a un diritto costituzionale vincolante. (…) La costituzione nazionalsocialista dell’Impero è stata sviluppata gradualmente nel corso di una ricostruzione pianificata e razionale dell’ordine politico; il
diritto non ha anticipato la costruzione politica, ma è stato sviluppato in modo organico nella costruzione e nel potenziamento dell’Impero”8.
Le norme qui di seguito prese in considerazione sono quelle con cui il
nazionalsocialismo paralizzò la costituzione di Weimar, aprendo la via all'emanazione di norme senza alcun controllo parlamentare."
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