domenica 7 luglio 2013

la #spendingreview e l'estinzione dei burosauri

Il mitico TPS aveva visto lungo
[photo: Ilpeggio]

UN SOLO OBIETTIVO RIDURRE LA SPESA

di  PINO ROMA
L'Eco di Bergamo 7/7/13

l livello raggiunto dal debito pubblico – oltre
2.000 miliardi di euro –
ci obbliga ad emettere
ogni anno 400 miliardi di titoli e a pagare 80 miliardi di
interessi. Tale obbligo è la
causa principale del permanere di una condizione di oppressione fiscale per le imprese, i lavoratori e le famiglie, ostacola enormemente la crescita e ci espone alla speculazione internazionale.

L’uscita dall’euro non servirebbe certamente ad alleggerirci da quest’obbligo, né sarebbe una soluzione salvifica quella di superare il principio del pareggio di bilancio. In presenza di un debito così elevato,
l’obiettivo primario rimane quello di ridurre sensibilmente la spesa, in particolare quella improduttiva, per rendere sostenibile il debito ed evitare che si avvii una spirale pericolosa dove a maggior debito corrispondono maggiori tensioni sul mercato e, soprattutto, minore crescita. Questo obiettivo fu posto in primo piano dal compianto ministro del Tesoro Tommaso Padoa Schioppa, che si propose di sostituire al sistema dei tagli lineari il metodo della spending review, con l’intento di realizzare tagli incisivi ma selettivi della spesa. Ciò non gli fu possibile per la breve durata di quel governo. Il ministro del Tesoro che gli successe, Giulio Tremonti, continuò nella prassi di contenere il debito attraverso tagli lineari, certamente di più agevole realizzazione anche se foriera di indubbie iniquità e di risultati modesti.

Con l’avvento del governo Monti, è stato approvato dal Parlamento un emendamento che ha fissato, finalmente, come obiettivo prioritario la realizzazione della spending review. Il compito è stato affidato ad un’apposita Commissione, presieduta da Enrico Bondi, che, fortemente ostacolata dalla burocrazia ministeriale, ha prodotto risultati modesti, realizzando risparmi di spesa per soli 5 miliardi di euro. Il neo ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, collega per molti anni in Banca d’Italia di Padoa Schioppa, ha riproposto, in una recente intervista al Corriere della Sera, l’esigenza imprescindibile di una nuova energica azione di spending review. A sollecitargliela sono: gli impegni presi per i pagamenti alle imprese da parte della Pubblica amministrazione; gli incentivi per le ristrutturazioni; la rata Imu non pagata; il mancato
aumento dell’Iva; i fondi per la Cassa integrazione in deroga e quelli anticipati alle Regioni; lo sblocco dei versamenti per i vari terremoti. Non solo, perché il ministro ha ancora affermato: «Vogliamo
rilanciare l’economia riducendo le tasse sul lavoro e sulle imprese. Non possiamo farlo aumentando
il debito, quindi dobbiamo ridurre la spesa corrente. Riconvocheremo il comitato interministeriale
per il controllo della spesa e avremo un commissario straordinario».

È certamente questa l’unica strada per fare uscire il Paese da una situazione che apre scenari sempre più drammatici. Ciò che c’è da fare lo sappiamo da tempo. Ci sono enti e uffici inutili da sopprimere e altri da rafforzare. Ci sono imprese pubbliche da privatizzare, ci sono spese ministeriali da
tagliare consistentemente e dotazioni ministeriali da rifinanziare, come quelle per l’istruzione, perché funzionali a generare sviluppo. Ci sono centri di ricerca da sostenere e molti altri da eliminare.
Ci sono università da chiudere ed alcune da potenziare. Lo stesso vale per tribunali ed ospedali, alcuni dei quali anche pericolosi per la salute dei cittadini. Occorre ridurre i trasferimenti a quegli enti (Regioni, Province, Comuni) che dissipano denaro pubblico, ma anche operare aumenti nelle dotazioni degli enti virtuosi.

Rispetto a tutto ciò, le continue contrapposizioni che ostacolano l’azione dell’attuale governo, che,
nonostante la larga maggioranza di cui dispone, vive una situazione di evidente precarietà, non lasciano spazio a ottimismi. Forse, il segnale più confortante registrato nei mesi scorsi è rappresentato dalla volontà del governo di rivedere e porre in discussione i rapporti tra politica e burocrazia.
Negli ultimi anni c’è stata una crescita abnorme del potere di strutture e di personaggi dell’alta burocrazia che sono nati nell’ombra della politica e hanno poi finito per condizionarla. Nella giusta direzione, quindi, va la decisione del governo di sostituire alla guida della Ragioneria Generale dello Stato Mario Canzio - definito il «signor no» e ritenuto l’unico vero interprete dei conti dello Stato - con Daniele Franco, proveniente dall’Ufficio Studi della Banca d’Italia. Sarebbe opportuno che a questa decisione seguisse anche l’avvicendamento dei massimi burocrati tra i vari ministeri, in modo da evitare l’accumulo di eccessivi poteri personali.

I responsabili politici dovrebbero ormai essersi resi conto che la gran parte dei cittadini è ben consapevole della necessità di scelte radicali e razionali in ogni comparto della spesa pubblica e sa bene che
dalla situazione di grave crisi che stiamo vivendo si può uscire solo con scelte coraggiose e ancorate
solo all’interesse generale.

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