di GIORGIO GANDOLA
L'Eco di Bergamo, 29/06/13
Il nipote di Letta [photo: Panorama] |
In Dalmazia, vicino a Pisak,
c’è una trattoria che si chiama
Stalingrad. Il menù è un
trionfo di piatti: antipasti,
primi di pasta all’italiana, secondi di pesce, dessert. Ma
ad ogni richiesta il titolare risponde:
«Oggi questo finito, domani». Oggi si
possono ordinare sempre e solo cevapcici, spiedini con patate fritte e insalata di cetrioli. Ogni giorno così. Il domani di quell’oste non arriva mai e lui, per farsi perdonare, sull’ultimo cetriolo attacca a suonare la fisarmonica.
Quando il governo Letta ha deciso di
prendere tempo anche sulla faccenda
degli F35 abbiamo pensato all’arte del
rinvio del signor Stalingrad. C’era l’Imu da abolire o confermare? Tutto
rimandato a settembre. C’era l’Iva da aumentare o no? Tutto congelato fino a ottobre. C’era la legge elettorale da cambiare per dare al Paese uno strumento idoneo a ottenere solide maggioranze e governabilità? Tutto sciolto nel brodo delle parole. Domani. Oggi spiedini e patate fritte, il minimo indispensabile per poter dare la sensazione di crescita, il minimo indispensabile per
garantire la navigabilità, il minimo indispensabile sempre. Non c’è, o non c’è ancora, la dimensione
del sogno, dell’orizzonte da raggiungere, del rilancio da mettere in atto con idee nuove. Servono vigore, caro presidente del Consiglio, e ancora vigore. La fisarmonica mette malinconia, meglio una
schitarrata rock.
Per la verità una decisione ruggente dal governo Letta è stata presa: le dimissioni del ministro Idem. Il problema è che non l’ha presa lui, l’ha presa lei.
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